La basilica

Luogo venerato di sepoltura del patrono Ambrogio, la Basilica è un testimone millenario delle vicende di Milano e della sua gente

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Atrio di Ansperto e campanili

L’atrio romanico della basilica sorge oggi nello stesso luogo in cui già nel IX secolo era stato edificato il precedente dall’arcivescovo Ansperto (†881), come ricorda la sua epigrafe sepolcrale: «costruì l’atrio e davanti le porte vicine» (Atria vicinas struxit et ante fores). L’atrio vero e proprio è costituito da tre lati, uniti al grande nartece addossato alla facciata della basilica, uno spazio porticato dove si radunavano i fedeli che si preparavano a ricevere il battesimo (catecumeni) e i pubblici penitenti. Nel Medioevo l’intero atrio dava ospitalità ai pellegrini, era luogo di mercato e di pubbliche assemblee oltre a servire da area cimiteriale, come testimoniano le numerose lapidi oggi appese alle pareti. Nell'alto Medioevo la presenza di due comunità religiose in contrasto tra loro, i canonici e i monaci, determinò la costruzione di due campanili: quello dei monaci, a destra della facciata, che risale al IX-X secolo, e quello dei canonici, a sinistra della facciata, che fu edificato nel 1128 e sopraelevato solo nel 1889 da Gaetano Landriani. 

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Portale maggiore

Il portale maggiore, incorniciato da frammenti di marmi del IX-X reimpiegati e decorato sull’architrave con l’Agnello mistico simbolo di Cristo, conserva il programma iconografico originale, incentrato sulle Storie di re Davide e attribuito ad Ambrogio stesso. Eccezionale reliquia sono i due pannelli in legno di olmo, piuttosto consunti, che raffigurano Davide pascola il gregge; Incontro tra Samuele, Jesse e i suoi figli; Davide richiamato a casa; Unzione di Davide (attualmente visibili in Museo); altri elementi originali si conservano nei fregi con Angeli che reggono il Chrismon (monogramma di Cristo); altomedievali sono i due picchiotti di bronzo a foggia di teste di leone. Il portale fu restaurato nel 1750, quando vennero rimossi i pannelli originali e alterata la sequenza delle storie di Davide, come testimonia l’iscrizione commemorativa.

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Sarcofago di Stilicone e Ambone medievale

Tra le poche testimonianze superstiti della basilica costruita da Ambrogio, il “sarcofago di Stilicone” (IV secolo) è ancora collocato nella sua posizione originaria. Ritenuto la sepoltura del magister militum Stilicone (†408) e della moglie Serena, appartiene alla tipologia dei “sarcofagi a porte di città” per la presenza di porte turrite sullo sfondo. Il fronte verso la navata maggiore è occupato dalla Traditio Legis: seduto tra gli apostoli Cristo consegna la Legge a Pietro; sul fronte opposto un giovane Cristo imberbe insegna; sui lati minori campeggiano scene bibliche, tra cui una delle prime raffigurazioni della Natività di Cristo in Occidente. Nel XII secolo il sarcofago fu inglobato nel pulpito romanico, da cui il lettore proclamava la parola di Dio durante le celebrazioni, decorato con animali simbolici e figure umane che reggono le strutture architettoniche (telamoni). Parzialmente distrutto dal crollo della campata nel 1194, l’ambone fu restaurato dal soprastante Guglielmo de Pomo all’inizio del XIII secolo.

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Altare d’oro

Capolavoro assoluto dell’arte carolingia, l’altare maggiore della basilica è un’arca-reliquiario commissionata dall’arcivescovo di Milano Angilberto II (824-859) per custodire i corpi di Ambrogio, Protaso e Gervaso, «un tesoro più prezioso di ogni metallo» come dichiara l’iscrizione dedicatoria incisa a niello sulla fronte posteriore. L’altare è costituito da una cassa lignea, rivestita da pannelli lavorati a sbalzo e impreziositi con placchette di smalto cloisonné, gemme, perle e coralli, che raffigurano le scene della Vita di Cristo sul fronte in oro, e in parallelo quelle della Vita di Ambrogio, in argento dorato, sul fronte rivolto l’abside. Sui lati minori sono rappresentati i santi della Chiesa milanese, l’adorazione della Croce e il legame con Martino di Tours, protettore dell’impero carolingio. Il complesso programma iconografico esalta la gloria di Ambrogio e la dignità della Chiesa milanese, incarnata in una splendente ‘arca dell’alleanza’: venne realizzato da due maestranze di altissimo livello tecnico dirette dal misterioso magister phaber Volvino, rappresentato mentre riceve una corona regale da Ambrogio, così come l’arcivescovo Angilberto, nei medaglioni centrali che decorano gli sportelli di accesso al sarcofago dei santi.

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Ciborio

Il ciborio, copertura che sovrasta l’altare sorretta da quattro colonne tardoantiche in porfido, risale probabilmente all’età carolingia; alla fine del X secolo, in occasione di una possibile incoronazione regia, fu decorato con eleganti stucchi policromi. La fronte ovest, rivolta verso i fedeli, raffigura la Traditio legis, con Cristo che consegna le chiavi dei cieli a san Pietro e il rotolo della legge a san Paolo. La fronte est, rivolta verso il clero, raffigura l’elezione di Ambrogio a vescovo affiancato dai martiri Protaso e Gervaso, che gli presentano l’arcivescovo committente col modellino del ciborio e un diacono. I lati nord e sud presentano un’iconografia di difficile interpretazione, probabilmente legata alla dinastia degli imperatori Ottoni: sul lato settentrionale Maria, figura della Chiesa universale (oppure santa Marcellina) riceve l'omaggio di due donne; su quello meridionale, due personaggi maschili incoronati si prostrano davanti alla figura di un vescovo (forse lo stesso Ambrogio). 

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MOSAICO ABSIDALE

Il mosaico absidale, frutto di rimaneggiamenti e restauri dall’età tardoantica al XX secolo, raffigura Cristo pantocratore benedicente e i martiri Protaso e Gervaso incoronati dagli arcangeli Michele e Gabriele. Nell’XI secolo furono aggiunti i medaglioni dei santi Marcellina e Satiro, sorella e fratello di Ambrogio, e di Candida. Ai lati si collocano due scene inconsuete: Ambrogio, apparentemente assopito durante la messa a Milano (a destra), contemporaneamente celebra a Tours i funerali di san Martino (a sinistra). Il gruppo centrale di Cristo e martiri dichiara la sua matrice tardo-bizantina, con interventi di restauro degli inizi del Duecento, mentre l'iconografia degli episodi laterali sottolinea il legame tra Ambrogio e Martino, santo patrono dell’impero franco, sviluppato nel IX secolo dall’arcivescovo di Milano Angilberto II per integrare la Chiesa milanese nel progetto politico e religioso carolingio. L’aspetto attuale del mosaico è frutto del rifacimento quasi totale dell’abside a seguito dei rovinosi bombardamenti del 1943.

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Canonica del Bramante

Nel 1492 il cardinale Ascanio Sforza, fratello del duca di Milano Ludovico il Moro, incaricò Donato Bramante (1444-1514) di ricostruire la canonica e di rinnovare le cappelle della basilica; a partire dal 1497 l’architetto fu impegnato anche nel rifacimento totale dell’adiacente monastero, passato all’ordine cistercense. Il progetto iniziale della canonica prevedeva un cortile quadrato a portici su colonne, con un grande arco trionfale al centro di ogni lato; ne venne realizzato solo uno, davanti al portale monumentale con i busti marmorei di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este. Pesantemente danneggiato dai bombardamenti del 1943, il porticato del Bramante fu restaurato dall’architetto Ferdinando Reggiori con il recupero minuzioso dei frammenti originali sopravvissuti.

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Sepolture di Ambrogio, Protaso e Gervaso

Nel 386 Ambrogio ritrovò presso l’antica chiesa dei Santi Nabore e Felice i corpi dei martiri Protaso e Gervaso che fece deporre sotto l’altare della basilica ambrosiana, nell’avello rivestito di marmi preparato per sé. Dopo la morte (4 aprile 397), anche Ambrogio trovò sepoltura qui, in una tomba a sinistra dei martiri. Nel 1864 la ricognizione del parroco Francesco Maria Rossi portò alla luce un sarcofago di porfido, poggiante su due tombe vuote affiancate e rivestite di marmi preziosi che corrispondevano alle sepolture di Protaso e Gervaso (di maggiori dimensioni) e di Ambrogio. Il sarcofago di porfido, in cui nel IX secolo erano state trasferite le reliquie, fu aperto l’8 agosto 1871: conteneva le spoglie dei tre santi affiancate, immerse in acqua e ben conservate. Nel 1897 con il contributo delle maggiori famiglie milanesi, i cui stemmi in smalto campeggiano sul bordo della teca, fu realizzata una nuova urna in cristallo e argento sbalzato, disegnata da Ippolito Marchetti, dove sono ancora oggi custoditi i corpi santi.

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San Vittore in ciel d’oro

Tra gli antichi edifici (cellae memoriae) che ricordavano i martiri sepolti nella necropoli prima della costruzione della Basilica Martyrum, l’unico sopravvissuto è il sacello di San Vittore in Ciel d’Oro (oggi unito alla chiesa), in cui Ambrogio aveva deposto il fratello Satiro (†378) accanto alle spoglie del mauritano Vittore. La cupola è costruita con una struttura leggera di tubi in terracotta; l’interno è rivestito con preziosi mosaici attribuiti al V-VI secolo. Sulla cupola dorata è raffigurato il patrono Vittore, con la corona gemmata propria dei martiri; sulle pareti campeggiano le coppie di martiri della Chiesa milanese Nabore e Felice e Protaso e Gervaso, accompagnati rispettivamente dal vescovo Materno e da Ambrogio, i due vescovi che ne ritrovarono i corpi. L’immagine di Ambrogio mostra caratteri di accentuato realismo: è probabile che derivi da un ritratto ufficiale del santo, eseguito in età giovanile mentre era ancora governatore.