È Ambrogio stesso a raccontare in una lettera del 386 alla sorella Marcellina la straordinaria scoperta dei resti dei martiri Protaso e Gervaso che egli trasferì nella nuova Basilica dei Martiri, già chiamata dai milanesi «Ambrosiana» (ep. 77.2), dove si fece seppellire.
Pur conservando la pianta basilicale a tre navate delle origini, l’aspetto attuale della chiesa è quello della ricostruzione romanica tra la fine dell’XI e la prima metà del XII secolo. Preceduta da un quadriportico monumentale (“Atrio di Ansperto”), la facciata a spioventi (“a capanna”) è scandita in due ordini di arcate, decorata da archetti pensili e fiancheggiata da due campanili, uno dei monaci (IX-X secolo) e uno dei canonici (XII secolo).
La navata centrale è doppia rispetto a quelle laterali ed è divisa in quattro campate quadrate, tre coperte da volte a crociera costolonate, una aperta nel tiburio. Le volte sono sorrette da grandi pilastri a fascio su cui si imposta un vasto matroneo. All’interno sono conservati capolavori che testimoniano la secolare storia della chiesa di Ambrogio come centro dell’identità civile e religiosa di Milano. Costruita nel tipico laterizio rosso, la Basilica di Sant’Ambrogio è considerata il modello dell’architettura romanica lombarda.